Un sequel dopo l’altro
Tra il 2016 e il 2019 sono usciti al cinema ben 11 film Marvel (Captain America, Doctor Strange, Guardiani della galassia vol.2, Spider-man: Homecoming, Thor: Ragnarok, Black Panther, Avangers: Infinity War, The Ant and the Wasp, Captain Marvel, Avengers: Endgame, Spider-man: Far from home), altri sei sono programmati tra quest’anno e il 2022 (poi vedremo se e come cambierà la programmazione a causa dell’imprevista emergenza Covid-19) e molti altri saranno realizzati negli anni a venire. Cosa voglio dirvi con questa lunga sfilza di titoli? Semplicemente che Hollywood vive di sequel – o, per meglio dire, di sequel, remake, rebook, prequel e spin off di ogni sorta. Se pensate che l’esempio MCU non sia sufficiente, posso sempre citarvi i live action della Disney, azienda che per ora ha fatto uscire 12 film di questa tipologia tra il 2010 e il 2019 e ne ha in programma almeno un’altra decina. Non credo tuttavia che questa notizia vi giunga nuova: vi sarete accorti anche voi, spero, di questa mania per il rifacimento e il prolungamento di storie già viste; mania che nell’ultimo decennio ha davvero preso il volo. Vi riporto un dato interessante: lo sapevate che dei cinquanta migliori incassi globali del lustro 2010-2015, solo tre pellicole non erano né l’inizio né il proseguimento di una saga? Si trattava di Interstellar (decimo nel 2014), Gravity (ottavo nel 2013) e Inception (quarto nel 2011). Per fare un confronto, dei primi cinquanta film per incasso del quinquennio ’00/’04, ben 17 rispondevano a questi parametri di “originalità”. Un numero che sale addirittura a 38 per il periodo ’90/’94. Insomma, Hollywood è davvero così priva di nuove idee?
In un interessante libro dedicato all’argomento, l’ex giornalista-diventata-produttrice Lynda Obst, una veterana di Hollywood con successi in curriculum come Flashdance, Insonnia d’amore e di recente proprio Interstellar, ha definito questa situazione di saghe interminabili, di personaggi che ripartono dalle origini, remake e quant’altro, The New Abnormal. Qualcun altro più semplicemente preferisce chiamarla l’era delle franchise o l’età del sequel. Qualunque denominazione preferiate… Benvenuti! Ci siamo dentro.
Come siamo arrivati a questo punto? Primo elemento da prendere in considerazione è il grave – a dir poco devastante – calo di incassi causato dalla quasi scomparsa dell’home video; questo mercato costituiva infatti il 50% dei profitti di Hollywood. In parole povere? Fino a pochi anni fa un film aveva a disposizione un tempo molto lungo e un mercato molto ampio per generare utili.
Oggi, complici la pirateria online, i servizi di streaming legali, l’espansione del mercato on demand e la crescente popolarità delle serie TV, quel tempo e quel mercato non è che si sono semplicemente ridotti, si sono proprio polverizzati. Tradotto: nel 2020 a un grande film è richiesto di incassare tutto e subito. Se possibile già nel primo week-end di programmazione, così da sfruttare il clamore mediatico di un ottimo successo iniziale.
Come soluzione al problema Hollywood ha adottato la “moltiplicazione dei tentpole”. Per chi non conoscesse il significato di questo termine, un tentpole – letteralmente “il palo che regge la tenda”, ovvero che tiene in piedi la baracca – è un film enorme, che costa tantissimo ma che è colossale, che attira un pubblico vastissimo e fa guadagnare molto, molto, moltissimo di più di quanto si è speso. Un esempio? Il già citato Avengers: Endgame. Hollywood ha sempre realizzato tentpole, questa tipologia di film non è una novità: di solito grazie a questi incassi esorbitanti le Major investivano poi in altri film più piccoli, in film medi e in altri film enormi. In seguito alla crisi dell’home-video, però, ora l’attenzione si è spostata quasi interamente sulla produzione di tentpole. Un film enorme tira l’altro, in pratica. Ormai escono tentpole tutto l’anno (tanto che anche il concetto di “periodo caldo” della stagione cinematografica ha ormai perso di significato).
Altro fattore che interviene in questa corsa al sequel è la necessità di conquistare il mercato asiatico, cinese nello specifico. Già nel 2015 la Cina era il secondo mercato cinematografico al mondo dopo il Nord-America, un bocconcino bello ghiotto da conquistare per Hollywood. Peccato che il governo cinese imponga un limite massimo al numero di pellicole straniere che possono essere diffuse all’interno del Paese (34 nel 2015). Per riuscire a vincere anche questo spazio dall’enorme potenziale, Hollywood cerca di produrre diversi film che possano adattarsi a una visione più “cinese” del mondo e meno “americana”, ovvero film che non propongono tematiche sgradite al governo e film che magari includono anche qualche star locale. I sequel vengono in aiuto anche per questo scopo: è più facile convincere un cinese a vedere il continuo di una storia che già gli era piaciuta, piuttosto che cercare di convincerlo a provare qualcosa di nuovo e completamente sconosciuto (rischiando così di bruciarsi le poche possibilità di esportazione). Ci si affida, insomma, alla pre-awareness del pubblico.
Questa strategia si applica, in realtà, anche allo stesso mercato occidentale. Serie come Star Wars, per esempio, giocano sulla conoscenza pregressa del pubblico, intesa non solo in senso di storyline (“ho visto il film prima, vado a vedere anche quello dopo”), ma anche nel senso di nostalgia e valore affettivo profondo (“sono andato al cinema da ragazzo negli anni ’80, ci vado adesso con i miei figli nel 2019”). Questi film cercano infatti di coinvolgere tutti i quadranti in cui viene tradizionalmente diviso il mercato: uomini e donne, over 25 e under 25. Sono film per tutti, per la famiglia, per i ragazzi, per le coppie, per i nostalgici, per nuove generazioni, per chi ama l’action, per chi vuole un po’ di romanticismo… soddisfano quasi ogni immaginario.
Altro nemico con il quale Hollywood si trova costretta a battersi… è la televisione, non in senso stretto (le serie tv in generale, non per forza da vedere su schermo televiso). La serialità televisa ha ormai raggiunto il livello qualitativo del cinema e – al contrario del suo fratello maggiore – è, appunto, seriale. La tv propone appuntamenti ravvicinati, non bisogna attendere troppo tempo tra un episodio e l’altro; sa mantenere l’attenzione del pubblico in modo costante. Il cinema sta cercando di copiare questa carta vincente, ma non può, ovviamente, far uscire un film alla settimana… e quindi riempie gli spazi buchi con storie collegate, così da distrarre il pubblico, che quasi non si accorge dei mesi di distanza tra Avenger: Infinity War ed Endgame.
Il sistema funziona? Sì, per ora funziona. E allora dove sta il problema? Il problema sta proprio in questo “per ora”. Nassim Nicholas Taleb nel suo libro The Black Swan parla di quegli eventi imprevedibili (ma che col senno di poi non sembrano nemmeno tanto imprevedibili) che prendono di sorpresa un sistema scuotendolo in profondità, e di come questi eventi abbiano conseguenze tanto più drammatiche quanto più il sistema che colpiscono è rigido e si affida eccessivamente alle sue predizioni su eventi futuri. Citando John Stuart Mill e Karl Popper, Taleb chiama questi eventi “cigni neri”. Hollywood, con la sua attuale programmazione a lunghissimo termine (nel 2020 la Marvel ha in cantiere film per almeno un decennio), è la perfetta incarnazione del sopracitato sistema rigido: cosa succederebbe se il pubblico si stancasse di vedere sempre le stesse storie? Boom, il sistema crollerebbe come un cartello di carte in mezzo all’uragano Katrina.
(In realtà sarà già interessante vedere quali effetti causerà la crisi dovuta al Covid, con molti film programmati che sono stati diffusi solo tramite on demand e molti altri film rimandati.)
La questione riportata finora non è assolutamente di tipo qualitativo, perché oggettivamente diversi filmoni hollywodiani sono ancora degli ottimi film, a livello artistico ed esecutivo. Diciamo che forse sarebbe bello vedere anche un po’ più di creatività… qualcosa che lasci senza parole per l’originalità, una storia sorprendente e per nulla scontata… Qualcosa che stia al 2020 come Star Wars stava al 1977, Lo Squalo e Alien al 1979, Terminator al 1984, Jurassic Park al 1993, e – perché no – persino Iron Man al 2008. Un inizio davvero nuovo.
Fatemi sapere cosa pensate di questa mania per i sequel 😉
ALEX
Fonti: corso di Economia dei media (UniBg) e rivista Prismo.
Benedetta
In effetti hai pienamente ragione