RECENSIONE: Omicidio sul Danubio di Beate Maly

TITOLO: Omicidio sul Danubio
AUTRICE: Beate Maly
EDITORE: Emons Edizioni
PAGINE: 250

TRAMA:
Memore delle precedenti disavventure, l’ex farmacista Anton Böck non vuole saperne di partire per una crociera sul Danubio con Ernestine Kisch, l’amica adorata che ha appena ricevuto in omaggio due biglietti. Tuttavia, la prospettiva dei sontuosi pasti, e ancor più l’occasione di vedere a bordo uno dei migliori film dell’anno, Il gabinetto del dottor Caligari, finiscono per vincere ogni sua resistenza. L’Impero austro-ungarico è da poco tramontato, e l’elegante piroscafo ospita a bordo nostalgici del vecchio ordine e nuovi imprenditori, psichiatri e sensitive. Il primo giorno di navigazione trascorre tra chiacchiere, pettegolezzi e qualche spiacevole imprevisto, come i freni manomessi di una sedia a rotelle e un lampadario che improvvisamente si sgancia dal soffitto. La mattina seguente, quando l’anziano conte von Jesenky non si sveglia, la sua morte è attribuita alla tanto decantata, ma in realtà avariata, zuppa di pesce ungherese della sera prima. Se il cuoco rischia il licenziamento, sono in molti a beneficiare di questa morte. Pur contrariato per le troppe attenzioni che il capitano riserva a Ernestine, Anton non sa negarle il suo aiuto e insieme cominciano a scandagliare il passato dei compagni di viaggio.

RECENSIONE

Anton sa che dovrebbe smettere di accompagnare Ernestine nelle sue stravaganti gite, eppure proprio non riesce a dirle di no. Così quando per l’ennesima volta i signori Rosenstein le donano i biglietti per una vacanza – a questo giro si tratta di una breve crociera sul Danubio – i due pensionati partono insieme. E visto che non c’è due senza tre, anche questa volta ci scappa il morto.

Come nei romanzi precedenti, Ernestine e Anton si trovano circondati dall’élite dell’appena scomparso impero austro-ungarico e da personaggi di spicco di una contemporaneità tanto effervescente quanto caotica, tra cui nuovi imprenditori senza scrupoli, psichiatri freudiani e presunte sensitive.
La vittima è il conte von Jesenky, un nobiluomo anziano molto nostalgico dei “bei tempi andati” e terribilmente classista, il quale ha un pessimo rapporto con tutta la famiglia, in particolare con la nuora che considera un’arrampicatrice sociale. Ciò nonostante, Ernestine riesce fin da subito a conquistare le simpatie del vecchio, il che la rende ancora più curiosa di scoprire le cause della sua morte. Devo ammettere che, caso dopo caso, le capacità investigative della protagonista migliorano sempre più, e alla sua naturale perspicacia inizia ad aggiungere sempre più metodo e rigore.

Confermo poi che per Anton ho assolutamente un debole: è un padre, un nonno e un amico dolcissimo, cambia continuamente hobby e costella il romanzo di momenti buffi. Per esempio: il comandante del piroscafo Jupiter si è infatuato di Ernestine e per tutta la durata del viaggio le fa una corte spietata, e anche un po’ molesta… Il buon farmacista, innamorato da tempo della sua amica, non riesce proprio a digerire la situazione e si lascia andare a rimostranze e a burbere dichiarazioni d’amore. Anton, sappi che faccio il tifo per te!

Come nei libri precedenti della serie, la scena iniziale ambientata nel passato è collegata all’omicidio ed è la chiave per la risoluzione del caso. Dopo due volumi, il trucco è prevedibile, ma non per questo meno efficace: la matassa da sbrigliare rimane bella intricata e l’indizio stuzzica la curiosità del lettore, non lo facilita troppo nell’investigazione. È l’aggiunta di un tocco di drammaticità, di un momento di profonda e disperata umanità che rende il romanzo – altrimenti piuttosto leggero – un po’ più cupo.

Il tema ricorrente in questo capitolo sono i disturbi mentali. Uno degli ospiti del piroscafo è infatti uno psichiatra e grazie a lui Anton, assai interessato alle recenti scoperti di un certo Sigmund Freud, porta l’attenzione del lettore sull’argomento. Sia Anton che il medico sono stati nelle trincee, perciò conoscono bene i traumi che gli orrori della guerra possono lasciare sul corpo e sulla mente delle persone. Il tema era già stato accennato nei romanzi precedenti – oltre ad Anton, anche il detective Eric Felsberg è stato in guerra – ma mai approfondito. Qui invece l’autrice ci porta addirittura all’interno di un moderno manicomio e, con poche intense immagini, ci mostra la situazione contradditoria ma in evoluzione di una società che rinchiude e bistratta i “matti”, mentre allo stesso tempo si sforza di capire come aiutarli con farmaci e terapia.

In conclusione? Una bella serie da divorare quest’estate sotto l’ombrellone, libri intriganti che si leggono in un battibaleno. Io sono in trepidante attesa del quarto volume!

Alex

giallo, recensione, romanzo storico

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