RECENSIONE: L’appello di Alessandro D’Avenia
TITOLO: L’appello
AUTORE: Alessandro D’Avenia
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 348
TRAMA:
E se l’appello non fosse un semplice elenco? Se pronunciare un nome significasse far esistere un po’ di più chi lo porta? Allora la risposta “presente!” conterrebbe il segreto per un’adesione coraggiosa alla vita. Questa è la scuola che Omero Romeo sogna. Quarantacinque anni, gli occhiali da sole sempre sul naso, Omero viene chiamato come supplente di Scienze in una classe che affronterà gli esami di maturità. Una classe-ghetto, in cui sono stati confinati i casi disperati della scuola. La sfida sembra impossibile per lui, che è diventato cieco e non sa se sarà mai più capace di insegnare, e forse persino di vivere. Non potendo vedere i volti degli alunni, inventa un nuovo modo di fare l’appello, convinto che per salvare il mondo occorra salvare ogni nome, anche se a portarlo sono una ragazza che nasconde una ferita inconfessabile, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che entra in contatto con gli altri solo da dietro uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che sogna di diventare come Rocky… Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa.
RECENSIONE
Un professore cieco, una scuola che ha perso il suo scopo e dieci ragazzi incasinati con troppe cose da dire: con questo nuovo romanzo Alessandro D’Avenia torna nel suo ambiente naturale, ovvero la scuola, e prova a raccontarla con una storia che combina estrema sincerità e un pizzico di utopia.
La voce narrante – non direi proprio il protagonista, perché, come vedremo tra poco, la vera protagonista è proprio la scuola – è Omero Romeo, un professore quarantenne divenuto cieco pochi anni prima dell’inizio delle vicende e ora pronto a tornare tra i banchi. E sottolineo “tra i banchi”, perché Romeo è il tipo di insegnante che vuole stare sempre e comunque tra i ragazzi, e dalla parte dei ragazzi: crede che gli adolescenti abbiano una voce interiore alquanto complessa e che il compito di un insegnante sia, prima di tutto, aiutare i ragazzi a imparare ad ascoltare questa voce, per poi tirarla fuori.
La scuola è la vera protagonista, come ho anticipato poco sopra, del romanzo, una scuola che purtroppo non è già reale e che forse è fin troppo idealistica… Quella immaginata da D’Avenia è una scuola che pensa alle persone, una scuola che punta a coltivare menti pensanti, a coltivare i talenti, a coltivare futuri cittadini in grado di valutare e decidere autonomamente e volenterosi di fare tutto il possibile per “fare del bene”.
Il titolo del romanzo è L’appello proprio perché sulle singole identità, sui nomi e sulle storie di ognuno dovrebbe concentrarsi un insegnante. Dietro ogni banco non c’è solo un numero sul registro, dietro ogni banco c’è una persona. Una persona in formazione, per di più, quindi un ragazzino o una ragazzina che ha bisogno di essere amato da chi gli/le sta di fronte. Amare è un verbo ricorrente in questo libro, poiché solo dove c’è amore c’è comprensione, e solo dove c’è comprensione c’è crescita. Senza amore non si va da nessuna parte, e un po’ di amore dovrebbe essere accuratamente dedicato a chiunque.
I dieci ragazzi che Romeo si trova di fronte sono sgangherati, un po’ bellicosi, confusi e casinisti… come tutti gli adolescenti; tuttavia il professore sa che deve provare ad andare oltre alla “corazza”, perché dietro a questo muro di menefreghismo c’è uno spettacolo meraviglioso.
Non voglio raccontarvi molto sui singoli studenti, non perché io non voglia dedicare loro spazio in questa recensione, bensì perché credo che il lettore debba scoprire le loro storie pezzetto per pezzetto, proprio come fa Romeo in classe giorno dopo giorno. Qualcuno ama la musica, qualcun altro non ha nessuno, qualcuno ha perso un genitore, qualcun altro ha perso se stesso; manca un sostegno, mancano i soldi, mancano i padri, mancano le certezze… E qui mi taccio, invitandovi a leggere con attenzione ogni confessione di questi giovani protagonisti, prestando la giusta cura a ogni loro storia (e a ogni loro appello). Perché ogni vita ha qualcosa da raccontare.
Ho amato la trama, ma anche e soprattutto l’intento e il messaggio dell’autore – ovvero suggerire una scuola per cuori, menti e anime e non solo per corpi. Ciò nonostante alcuni elementi del libro non mi hanno convinta a pieno: tra questi il ritmo piuttosto lento dell’opera, nonché le continue digressioni di stampo religioso. Io personalmente non sono credente, e devo perciò ammettere che qua e là avrei preferito una morale più laica. Ho però apprezzato lo stile a tratti ricercato di D’Avenia e la sua capacità di intrecciare conversazioni “basse” ad argomentazioni più complesse. Le lezioni di Romeo spingono spesso il lettore a trasformarsi in studente, a porsi domande e a riflettere sulle questioni sollevate “in classe” anche in relazione alla propria vita.
Libro consigliato, in particolar modo a studenti e insegnanti. Chissà, forse forse una “rivoluzione” simile prima o poi riusciremo a farla…
Avete letto questo libro? Cosa ne pensate? Apprezzate i romanzi di D’Avenia?