RECENSIONE: La figlia italiana di Adelaide J. Pellitteri

TITOLO: La figlia italiana
AUTRICE: Adelaide J. Pellitteri
EDITORE: PAV edizioni
PAGINE: 270

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TRAMA:
«È stato un bene che si siano lasciati», aveva detto mia zia. «Sarebbe stato un bene se avessero imparato ad andare d’accordo», le avevo risposto. Ora tutto tornava e faceva più male di prima, più male che mai. È possibile recuperare il rapporto con i propri genitori quando questi non ci sono più? Simona non ha mai accettato la separazione dei suoi, avvenuta quando era appena adolescente. I genitori, una volta separati, non le hanno saputo dare più alcuna stabilità emotiva. Oggi, poco più che trentenne, è una donna anaffettiva e senza interessi se non per i viaggi. Una mattina riceve la telefonata da un notaio che, da Parigi, le comunica un lascito da parte del padre. Lei intende rifiutare. Pensa che nessun tipo di eredità possa risanare il loro rapporto. Eppure, un grave incidente nell’istituto dove insegna…

RECENSIONE

Simona è sola al mondo. Completamente sola. Certo, ha una migliore amica, una zia e dei cugini, qualche collega… ma da quando i suoi genitori si sono separati anni addietro lei è rimasta completamente sola, emotivamente sola. Il padre è sparito e la madre è diventata un fantasma; poi sono morti entrambi. Ne La figlia italiana Adelaide Pellitteri prova a raccontarci il senso di profondo abbandono vissuto della protagonista. La storia narrata è – a mio parere – non proprio straziante, ma sicuramente intensa. Simona alterna momenti di apatia con altri di profonda sofferenza e trascina il lettore nel turbinio di eventi che la coinvolge (e le sconvolge l’esistenza sempre più…). La sua vita si è spezzata quando si è spezzata la sua famiglia e lei non è mai riuscita a superare lo stato di bambina abbandonata. La ferita per lei è troppo profonda, e in fondo in tutti questi anni ha continuato a sanguinare, trascinandola sempre più giù, in una sopravvivenza senza colori. Le prime pagine sono tutte dedicate a lei, per aiutarci a comprenderla meglio ed entrare in sintonia con il suo punto di vista.
Poi decide di partire per Parigi e la storia – pur non abbandonando il grigiore che accompagna i pensieri di Simona – inizia a prendere un’altra piega: compaiono altri personaggi e il quadro si arricchisce pian piano di colori. Il personaggio che è riuscito a conquistarmi fin dalla sua prima apparizione è Sophie, lo “specchio” (non spoilero!) di Simona. Se l’insofferenza di Simona mi ha un po’ allontanata da lei, l’innocente speranza della “piccola” Sophie ha riempito il mio cuore di sorrisi. Si meritano un riconoscimento positivo anche il più silenzioso Louis e il gentile avvocato italo-francese Maurice.
A Parigi Simona è costretta a ripercorrere il suo passato, destreggiandosi tra segreti familiari rimasti a lungo sepolti e dubbi paralizzanti. Il messaggio finale del romanzo sembra però dar ragione a Sophie: alla fine andrà tutto per il meglio. Cercare e accettare la verità è l’unico mezzo per guarire, e aprire il proprio cuore al dolore è l’unico modo per poter accogliere anche l’amore (in tutte le sue forme).

Nell’insieme, insomma, il romanzo non mi è affatto dispiaciuto. Qui però arriva la nota dolente: ciò che mi ha lasciato un po’ interdetta è lo stile con cui l’intera vicenda è narrata: lineare e privo di guizzi creativi. Io di Adelaide Pellitteri sono abituata a leggere solo racconti brevi e finora l’autrice mi ha sempre “viziata” con storie rapide, d’impatto, con frasi taglienti e messaggi intensi nascosti in pochissime ma evocative parole; ne La figlia italiana – fatta eccezione per qualche frase degna di nota – non ho ritrovato la stessa capacità di catturare il lettore per trascinarlo impaziente fino al finale, non ho ritrovato lo stesso stile schietto ma vivido. Sono consapevole delle differenze che necessariamente allontanano un romanzo da una raccolta di racconti… eppure non sono rimasta pienamente soddisfatta. Nel complesso ho preferito il primo libro di Adelaide Pellitteri, la raccolta di racconti Donne fino a epoca contraria (QUI la mia recensione).
Chissà, forse è colpa di tutti i (coinvolgenti) racconti In mille parole dell’autrice che ho letto…

Alex Astrid

Adelaide J. Pellitteri, autori emergenti, donne, recensione

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