RECENSIONE: Il mondo prima di pesare 21 grammi di Alessandro Tonoli
TITOLO: Il mondo prima di pesare 21 grammi
AUTORE: Alessandro Tonoli
PAGINE: 217
EDITORE: Porto Seguro
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TRAMA (redatta da Adelaide):
Selim è un essere che non possiede occhi, bocca, orecchie…, nessuna forma umana, in sintesi è solo un “un pezzo di carne” – così lo definisce l’autore. L’unica cosa che possiede è l’istinto di avanzare con il suo “non corpo”. Pur non conoscendo la sua destinazione si muove procedendo in avanti con costanza nel deserto in cui è nato. Un giorno, a causa di una caduta, un po’ del suo sangue si riversa sulla sabbia, da questo nascerà una creatura che contribuirà alla sua mutazione/maturazione/realizzazione, portando con sé il lettore nel suo lungo cammino.
RECENSIONE
Per chi non lo sapesse, 21 grammi – secondo un esperimento effettuato da MacDougall nel 1901 – sarebbe il peso dell’anima.
Questo testo, metafora dell’esistenza, trascina il lettore lungo un cammino fatto di conquiste piccole e progressive. Leggendo, di primo acchito, mi sono immaginata il deserto come il grembo materno dove, nella prima cellula dell’esistenza, si è allo scuro di ogni conoscenza; il sangue che si riversa l’ho identificato con la nascita e da quel momento ho individuato ogni elemento che porta il bambino a diventare uomo, cominciando dalla conquista dei sensi. Da questi, fino ad arrivare alla percezione dei sentimenti, non prima – però – di avere imparato a muoversi grazie alla curiosità. Mille esperienze, dal fissare una montagna (fissare un obiettivo), per poi lasciarsi folgorare dalla luce (la vita), arrivando alla conoscenza di un’altra creatura e avvicinarsi a questa fino al bacio. Attraverso l’amore sconfiggere la solitudine, inebriarsi davanti alla bellezza, concepire l’arte, ma sperimentare anche la delusione, quella che stravolge il tuo essere insegnandoti l’odio, sperimentandone tutta la potenza. Un odio che trasforma un uomo, in questo caso Selim, in cacciatore.
… perché cosciente per la prima volta della possibilità di sconfiggere la solitudine nell’esistenza. Scoprì, definì, che nel mondo qualcosa poteva andare ben oltre la propria interiorità. Non può dolere la solitudine se non si è mai compresa la sua alternativa.
Ogni evoluzione del nostro personaggio è tormentata da Groviglio che a volte lo ammonisce, altre lo sprona o lo confonde.
Un’altra interpretazione che mi si è formata mentre leggevo è stata quella dell’evoluzione dell’uomo attraverso i secoli, infatti è di un tempo infinito che ci parla l’autore quando scrive “erano trascorsi giorni, mesi, anni?”, frase che ripete a ogni conquista o attesa di essa. A sostegno di questa interpretazione c’è il punto in cui Selim scopre l’Arte, la voglia di dare forma alle cose con le sue mani e per questo traccia disegni sulle rocce (questa immagine mi ha ricordato i graffiti preistorici). Ogni conquista diventa progresso, e ogni progresso ha bisogno di tempo per essere compreso e migliorato negli anni. Selim arriva ad “addensarsi” conquista dopo conquista: trasfigurazione dell’uomo che si completa e diventa concreto, un essere pensante e cosciente.
E lo avrebbe descritto con quelli. Coi pensieri. Grazie a loro, il mondo sarebbe continuato a esistere anche a occhi chiusi o spenti. Chissà com’era giusto definirli. Perché su quella tela bianca loro, i pensieri, avrebbero continuato a scrivere, imperterriti, incessanti; mai avrebbero smesso, di scrivere, di far esistere i pensieri.
Simboli e similitudini sono la qualità prevalente di questo testo, scritto anche molto bene… eppure temo non sia adatto al vasto pubblico. Lo penso perché l’unico personaggio, a parte “l’altra creatura” senza nome né vere sembianze, è Selim, mentre lo scenario che prevale su quasi tutta la narrazione è il deserto con le sue dune. Per il resto è costituito da elementi astratti: Groviglio, pensieri, il tempo, immagini e immaginazione, bellezza, solitudine, paura, comunicazione, arte, odio…
Insomma, un buon libro ma non per tutti.