RECENSIONE: Il giudizio universale di Raimondo Preti

parodia giudizio universaleTITOLO: Il giudizio universale
AUTORE: Raimondo Preti
EDITORE: Porto Seguro
PAGINE: 233

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TRAMA:
Stanco degli uomini, Dio progetta un nuovo Giudizio Universale e invia sulla terra l’Arcangelo Gabriele per rapire i bambini meritevoli, coi quali la ripopolerà dopo l’evento. Così in un quartiere di periferia di una qualunque città i bambini iniziano a sparire, inghiottiti dal buio di un improvviso blackout che ammanta i caseggiati, portato da una fitta pioggia silenziosa e dal fiume che cresce minaccioso.
Gabriele adempie al suo compito, agisce ligio al dovere, con determinazione. Eppure le sue certezze cominceranno a cedere quando si affezionerà a Vanni e alla sua famiglia, si stupirà del multiforme e bizzarro mondo umano, ne emulerà i difetti, si affezionerà a ciò siamo. E alla fine, quasi quasi…

Con ironia dissacrante Il Giudizio Universale narra le avventurose vicende di Gabriele sulla terra, in un tourbillon di situazioni grottesche e diabolicamente divertenti, in cui tutti i personaggi fanno la parte dei protagonisti, in un unico racconto a più voci.

RECENSIONE

Dio è stufo del comportamento degli uomini e ha dunque deciso di sterminare (di nuovo) l’umanità, salvando solo i bambini meritevoli, con i quali avrebbe intenzione di ripopolare la Terra. In pratica, un nuovo diluvio e una nuova arca… Ecco, solo che questa volta il compito di individuare e mettere al sicuro i bambini tocca all’Arcangelo Gabriele, il quale viene inviato in un’indefinita città (che dovrebbe rappresentare tutta la Terra e i suoi abitanti) per rapire silenziosamente i fanciulli in questione. Ma che Dio crudele!, potrebbe pensare qualche lettore al principio di questa storia. Ebbene, dopo poche pagine anche al più comprensivo e misericordioso dei santi verrebbe voglia di far sparire dalla faccia dell’universo gli uomini e le donne che popolano il mondo raccontato da Raimondo Preti: questi ultimi sono infatti avvezzi a compiere ogni nefandezza possibile e immaginabile. Stupri, pedofilia, omicidi… in questa città accade di tutto e anche di peggio. In questo contesto maligno, come si posiziona l’Arcangelo Gabriele? Come reagisce davanti a tutta questa violenza? Beh, non nel modo angelico che ci si potrebbe aspettare… Diciamo che Gabriele sceglie di rispondere alla violenza con la violenza. E che nemmeno i fanciulli scelti per la salvezza sono proprio degli agnellini innocenti… Insomma, questo romanzo cerca di mettere in mostra, con toni ironici, tutta la crudeltà umana.

Il libro è organizzato in capitoli brevissimi, che si focalizzano su personaggi diversi, mantenendo come filo conduttore Gabriele, che funge da narratore – anche quando non è direttamente coinvolto negli eventi. I soggetti raccontati nella storia sono quindi parecchi, sia ragazzini che adulti. Ogni capitolo ha meno pagine delle dita di una mano e gli eventi scorrono velocemente, si incalzano a vicenda perdendosi in un turbinio di orrori e battutacce.

Credo che l’intento dell’autore fosse quello di trasporre il caos e la perdizione che caratterizza i personaggi anche nel linguaggio utilizzato e nella struttura del testo; suppongo che volesse raccontare una storia talmente grottesca da giungere al limite dell’assurdo. Se questo era il suo obiettivo, sicuramente l’ha raggiunto.
Pur avendo colto (credo) l’intento dietro a questo libro, non ho – purtroppo – apprezzato il risultato finale, per una serie di motivi. A mio parere la struttura del libro rende molto molto difficile seguire lo sviluppo degli eventi: avere oltre cinquanta capitoli in un libro di poco più di duecento pagine, e ognuno focalizzato su un personaggio diverso, obbliga il lettore a tornare continuamente indietro per capire se i personaggi presenti nel capitolo siano già stati citati in precedenza. Ricostruire la storia di ognuno diventa un’impresa assai ardua. Inoltre le frasi sono sempre molto corte, la descrizione delle azioni tagliate a metà, e gli eventi si rincorrono così rapidamente da provocare una grande confusione (o almeno così è stato per me). Personalmente poi non amo la violenza gratuita e le scene esageratamente macabre non mi fanno ridere, anzi, mi infastidiscono. Preferisco forme di ironia più sottili. Ho apprezzato invece i numerosi riferimenti fatti dall’autore ad altre opere e contenuti culturali (libri, film, canzoni, miti…), tuttavia credo che l’editore avrebbe dovuto mettere la note di spiegazione a piè pagina, o quantomeno al termine di ogni capitolo, e non in fondo all’intero libro: quale lettore andrebbe alla fine del libro per una nota mentre è impegnato nella lettura del romanzo stesso? Un’impostazione del genere è davvero scomoda, soprattutto per chi legge in ebook.

In conclusione: Il giudizio universale di Raimondo Preti non fa per me. Proprio no. La mia valutazione soggettiva è negativa. Se voi però amate questa forma di parodia estrema e surreale, allora forse questo libro potrebbe fare al caso vostro.

Cosa ne pensate? A voi piacciono i romanzi di questo genere?

Alex

autori emergenti, parodia, recensione

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