RECENSIONE: Il bambino senza occhi di Massimiliano Agarico
TITOLO: Il bambino senza occhi
AUTORE: Massimiliano Agarico
EDITORE: self
PAGINE: 107
TRAMA:
In poche pagine si cercheranno di raccontare soltanto le parti più crude e toccanti della sua storia. Non è impresa da poco perché, tra Odessa e Portoferraio, ingiustizie e morti, piccole astronavi di latta e grandi amicizie di ferro, un incendio effettivamente scoppierà, senza possibilità di capire se nella realtà oppure soltanto nella sua mente.
Prima di venirne velocemente consumato però, la vita riuscirà comunque ad accarezzarla con la travolgente naturalezza che solo i bambini hanno, lui che da metà racconto in avanti bambino non sarà più, ma ispettore di polizia.
Con un gesto estremo ma sempre sognato perché, in fondo al cuore, cambierà in maniera inaspettata il suo percorso esistenziale, rendendo chiaro a chiunque che l’amore e il coraggio esistono e resistono in ognuno di noi, nonostante ombre e dolori apparentemente insopportabili.
La storia di Milo ricorderà a tutti quelli che hanno la speranza di vivere una favola, che non si può pretendere di viverla evitando di entrare nel bosco.
RECENSIONE
Leggere le opere di Massimiliano è sempre complesso: lo stile dell’autore non è semplice e, come già detto per Maison du monde, non è assolutamente uno stile adatto a una lettura distratta e spensierata… Insomma, non è sicuramente una lettura per tutti.
Il più grande pregio però della scrittura di Agarico è sicuramente la sua incredibile capacità di farti immergere nella narrazione, evocando nella mente del lettore immagini vivide, potenti e capaci di imprimersi come un marchio a fuoco e di stringere in una morsa potente chiunque vi si approcci. È, inoltre, uno stile che si potrebbe definire quasi onirico: sempre sospeso tra reale e surreale; questo comporta spesso la necessità di un’attenta riflessione.
Questo è ciò che mi aspettavo di trovare nel libro, e per fortuna questo è anche quello che ho trovato.
“… sempre in attesa di qualcosa che non arriverà né accadrà mai, perché la vita non è un nastro che si può riavvolgere né grafite che può essere cancellata, ma un doloroso marchio a fuoco che resterà per sempre e nessuno vedrà.”
In questo testo seguiamo le vicende di Milo Baldi, un uomo distrutto dagli eventi di un’esistenza che definire drammatica sarebbe riduttivo. Un uomo formato dalle esperienze peggiori che un essere umano possa vivere, esperienze che segnano nel profondo dell’anima e che, nel bene ma soprattutto nel male, accompagnano una persona per tutta la vita e, alle volte, anche ben oltre la vita conscia. Milo è un uomo annichilito dagli eventi della vita, vita nella quale riesce a barcamenarsi guidato da un inspiegabile ed eccessivo stoico istinto per la sopravvivenza, che comunque in un modo o in un altro lo porta a razzolare per un’esistenza apparentemente votata all’autodistruzione. Sicuramente Milo Baldi è anche più di questo, però il resto è parte della rivelazione finale che interessa una lotta per la vita…
“Quel dolore che bruciava forte dentro la sua anima fino a poco tempo prima, adesso sembra un po’ più sopportabile. D’altronde non si può mettere fretta al tempo perché solo il tempo aiuta a ricordare o a dimenticare, a superare la paura, la sofferenza o a ritrovare il sorriso.
La vera sfida sta nell’apprezzare la vita e ogni piccola cosa che offre, cercando di non arrendersi né attaccare a testa bassa per quel che toglie, ma accettare che una fine ci sarà.”
Parlare dei testi di Massimiliano, come ho già detto, non è semplice. Proprio del suo stile è anche l’oniricità di una narrazione che non segue un filo logico tipico in cui gli eventi sono presentati in modo ordinato, al contrario l’autore tende a far emergere eventi in modo quasi casuale e disordinato per poi tirare tutti i fili e dare l’effetto finale, l’ultimo colpo al lettore che racchiude un messaggio a dir poco eccezionale. E anche su questo secondo punto possiamo mettere un check: ne Il bambino senza occhi è presente questa meravigliosa caratteristica.
Inoltre questo romanzo è uno di quelli che non possono lasciare indifferenti, proprio in virtù dei temi che tratta. Si parla della perdita delle persone amate in ogni sua possibile declinazione, da incidenti a malattie, da omicidi a divorzi. Si toccano anche altri drammi che un umano vive a seguito di tali eventi: su tutti, per esempio, il senso di impotenza dinanzi agli eventi non controllabili da noi ma di cui, inesorabilmente, finiamo per sentirci responsabili direttamente.
Ci sono poi molti altri temi legati a quel “tirare i fili” di cui ho parlato qui sopra.
“Perché esiste solo nei film, l’immancabile eroe disposto a sacrificare la propria vita a favore dell’umanità, della famiglia o della persona amata?
La cruda realtà è che l’essere umano, davanti a un immediato pericolo, la maggior parte delle volte fugge senza mai voltarsi. Non è egoismo o cattiveria, molto più semplicemente sembra che l’istinto di conservazione prenda il sopravvento su ciò che vorremmo fare…”
Insomma la storia di per sé è promossa a pieni voti. Tuttavia… un testo non è solo contenuto, ma anche forma e qui entriamo nel punto dolente di questo breve romanzo, che purtroppo risente molto della mancanza di una cura attenta.
Il testo è giustificato e ciò si concretizza con parole stranamente distanziate in modo randomico. Mancano poi delle divisioni precise in capitoli o quantomeno delle differenziazioni nel testo. Tale assenza rende ancor più ardua la navigazione e un’immediata comprensione visiva di ciò che si sta leggendo, soprattutto per quanto riguarda i flashback o i cambi di narratore. In altre parole il testo in sé risulta essere troppo caotico e totalmente indifferenziato nelle sue parti, questa condizione lo rende difficile e eccessivamente impegnativo da seguire, compromettendone, di fatto, la godibilità. Un difetto troppo grande e che a mio avviso abbassa la valutazione dell’opera.
Altro segnale della mancanza di un lavoro accurato e professionale nel confezionamento sono i diversi refusi che punteggiano il testo, che ho incontrato pur non leggendo per trovarne: si passa da anacoluti a virgole fuori posto, da capoversi distanziati due volte a numeri lasciati dopo il punto e prima di andare a capo.
Peccato, perché il contenuto è veramente di buon valore; spero vivamente che in una futura riedizione si possa far revisionare il testo in modo da rendergli giustizia, donandogli, finalmente, anche una forma che sia degna del suo contenuto.
Avete già letto qualcosa di questo autore? Fatemi sapere cosa ne pensate.
Benedetta
Ottima recensione