RECENSIONE: Donne dell’anima mia di Isabel Allende
TITOLO: Donne dell’anima mia
AUTRICE: Isabel Allende
PAGINE: 176
EDITORE: Mondadori
TRAMA:
Con leggerezza e ironia, Isabel Allende rievoca momenti del passato e indugia sul presente per raccontarci le ragioni del suo femminismo. L’autrice parte dalle origini, dalla sua infanzia e adolescenza passate nella cornice di una rigida struttura patriarcale. L’istinto di ribellione è una sorta di reazione naturale al maschilismo imperante che genera in lei l’attitudine che negli anni l’ha portata a schierarsi sempre con i deboli, gli emarginati e tutte le donne che ancora lottano per l’emancipazione. Isabel ci racconta le tappe del suo cammino, a partire dal raggiungimento dell’indipendenza economica, le relazioni tra sessi, la sua biografia sentimentale e professionale. E poi la terza età, ciò che significa per lei, donna pienamente liberata e convinta che i modelli imposti portino a una forma di pregiudizio contro la vecchiaia non dissimile dagli atteggiamenti sessisti e razzisti.
RECENSIONE
Di femminismo ho letto e studiato parecchio (e qualcosa l’ho pure scritto – vedi la sezione “Articoli” del blog), inoltre seguo numerose attiviste che affrontano i variegati e intricati temi di questo movimento. Diciamo, insomma, che qualcosa di femminismo lo so. Diciamo, insomma, che non mi accontento di una tiritera trita e ritrita che ripete concetti senza approfondirli e che non fa il benché minimo sforzo per andare oltre alla superficie di fenomeni di maestosa imponenza. In breve? Io, poco ma sicuro, non ero e non sono la lettrice giusta per Donne dell’anima mia.
Dopo questo inizio alquanto diretto, facciamo un passo indietro, così che io possa spiegarvi con calma il mio rapporto con questo libro.
Ho iniziato a leggere Isabel Allende durante la quarantena (un po’ tardi, lo so, avrei dovuto scoprirla prima), cominciando con La figlia della fortuna e terminando la trilogia. Sullo scaffale mi aspetta ora L’amante giapponese. De La figlia della fortuna mi ha colpita, fin dal principio e poi continuamente nel corso del romanzo, lo spirito forte e indipendente di Eliza Sommers, che possiamo considerare a tutti gli effetti come un’autentica incarnazione del femminismo: coraggiosa, indipendente, intelligente, caparbia, sempre pronta a imparare e a migliorarsi, allo stesso tempo incredibilmente capace di amare, se stessa e gli altri. Eliza Sommers è la donna che cresce pagina dopo pagina, diventando femminista senza sapere di esserlo, una donna che sa combinare l’affetto per gli altri con il rispetto per sé. L’ho adorata.
In Donne dell’anima mia mi aspettavo di trovare, espresso in versione più saggistica, lo stesso spirito. Invece non è andata così.
Questo libro della Allende è un po’ un ibrido indefinito, poiché non è un saggio sul femminismo, ma nemmeno è veramente una biografia: è troppo superficiale per il primo genere, troppo poco storico per il secondo. “Una chiacchierata”, questo è il modo giusto per definirlo, una chiacchierata leggera che l’autrice fa con i suoi lettori e le sue lettrici, un momento di pausa non troppo impegnativo che coglie per raccontare qualcosa della sua esistenza e buttare qua e là qualche spunto di riflessione. I suoi lettori e le sue lettrici, tuttavia, dovrebbero avere la stessa disposizione d’animo con cui l’autrice ha scritto quest’opera, ovvero un’inclinazione leggera, poche pretese, una voglia di chiacchiere senza obiettivi rilevanti.
Isabel Allende ripercorre qualche aneddoto della sua vita, introducendo i membri della sua famiglia, tutti coloro che in un modo o nell’altro l’hanno spinta a diventare femminista fin da bambina: tra le pagine troviamo Panchita, la madre bella e talentuosa prigioniera delle imposizioni della sua epoca; un nonno buono e amorevole, ma sicuramente un po’ troppo maschilista; un patrigno divertente e innamorato della moglie, però maschilista tanto quanto (e forse anche più) del nonno. E poi il Cile e il Sud America cattolico, bigotto, conservatore, incapace di fare un passo avanti nei confronti delle donne.
A questi racconti si intrecciano parole come patriarcato, violenza di genere, aborto… Tutto, però, rimane lì, sospeso, senza alcuna volontà da parte dell’autrice di scavare nel profondo, di indagare le origini, le cause, le soluzioni del sistema patriarcale. Credo, e questo è un mio parere, che oggi più che mai sia necessario affrontare questi temi con grande intelligenza, esplorando la complessità del reale senza rifuggirla: il mondo non è bianco e nero, e cercare di rappresentarlo come tale rischia solo di nuocere a una causa sacrosanta come il femminismo. Mi pare che al giorno d’oggi il vero problema delle cause sociali – che per forza diventano anche politiche – stia nell’assurda pretesa dei vari militanti di prendere una posizione radicale e polarizzata, incapace di cogliere la realtà prismatica che ci circonda, una realtà, appunto, sovrabbondante di sfaccettature e sfumature. Isabel Allende in questo libro è un po’ così: categorica, rigida, procede troppo per stereotipi.
Per farla breve: non basta dire che dobbiamo abbattere il patriarcato per fare un valido ed efficace discorso femminista; bensì dobbiamo, per esempio, tirare in balle questioni come il maschile neutro, la maschilità tossica, gli stereotipi di genere nelle rappresentazioni pubblicitarie e nelle storie romantiche, la disparità nel mondo del lavoro che si articola in mille e uno modalità diverse (dalla differenza di salario, al part-time, al lavoro domestico non retribuito e non equamente diviso nella coppia)… Ognuna di queste tematiche avrebbe bisogno di un saggio dedicato solo a se stessa, e per fortuna ci sono libri che si focalizzano su questi temi e scavano con precisione in profondità. Donne dell’anima mia non è così, è veloce, impreciso, poco riflessivo. Chissà, forse semplicemente non sono la lettrice giusta. Forse l’autrice puntava a interessare alla causa qualche neofita del femminismo… Anche se il dubbio mi sorge spontaneo: chi può essere così newbie da apprezzare questo testo?
Concludo, con sommo dispiacere, rimarcando che questo libro non mi ha lasciato quasi nulla, né a livello di conoscenze sul tema né a livello emotivo. In una parola? Insipido.
Avete letto questo libro? Cosa ne pensate?
Vi invito anche a dare un’occhiata al mio video Come non parlare di femminismo: Donne dell’anima mia di Isabel Allende, che trovate QUI.