RECENSIONE: Donne che comprano fiori di Vanessa Montfort
TITOLO: Donne che comprano fiori
AUTRICE: Vanessa Montfort
EDITORE: Feltrinelli
PAGINE: 371
TRAMA:
Nel cuore del Barrio de las Letras, il quartiere più bohémien di Madrid, tra stradine pedonali e piazzette ombreggiate, proprio dove si narra che abbiano vissuto Cervantes e Lope de Vega, esiste una piccola oasi verde ricca di fascino e profumi: il Giardino dell’angelo, il regno fiorito di Olivia. Nel suo negozio, all’ombra di un ulivo secolare, si incrociano le vite di cinque donne che comprano fiori. All’inizio nessuna lo fa per sé: una li compra per un amore segreto, un’altra per l’ufficio, la terza per la vecchia madre, la quarta per dipingerli e l’ultima, Marina, per una persona che non c’è più. Dopo la perdita del marito, infatti, Marina si sente completamente smarrita: ha occupato la poltrona del co-pilota per troppo tempo, lasciando a lui il timone della propria vita. Mentre cerca disperatamente un modo per rimettersi in piedi, si imbatte in Olivia e accetta di lavorare nel suo negozio. Lì conoscerà altre donne molto diverse tra loro, ma che, come lei, si trovano in un momento cruciale della propria esistenza per motivi lavorativi, sentimentali, familiari o di realizzazione personale…
RECENSIONE
Trama potenzialmente molto interessante, risultato mortalmente noioso: questo è il succo del mio parere su Donne che comprano fiori di Vanessa Montfort.
La protagonista è Marina, una donna che da quando ha perso il marito sembra non riuscire più a riprendere il controllo della propria vita: lui era quello “carismatico” tra i due, lui era quello che sapeva cosa volevano e dove stavano andando, lui era il capitano del loro vascello. Da sola ora Marina si sente come una piccola barchetta a remi sballottata qua e là dalla tempesta; è un’anima sperduta in una Madrid caotica e artistica… Una creatura timorosa che però inizia il suo percorso di “rinascita” quando incontra Olivia, proprietaria di un incantato negozio di fiori, punto di ritrovo e ispirazione per tante anime confuse. Tra queste ci sono altre quattro donne (Victoria, Casandra, Gala, Aurora), ognuna delle quali – anche se in modo diverso – risulta schiacciata da un forte peso: l’essere una brava madre e moglie, l’essere una vera donna indipendente e boss di se stessa, essere sessualmente libera o estremamente dipende dall’affetto altrui… Insomma, nessuna di loro è soddisfatta e appagata per davvero. Olivia è un faro per tutte loro, una voce che le sprona e le aiuta a capirsi e crescere. Una sorta di madre/nonna saggia, amica fedele e sincera… Una donna che nella sua vita sembra aver provato tutto e imparato tanto, soprattutto a conoscere se stessa, i propri desideri, le proprie possibilità. Nel loro percorso condiviso, queste donne si sosterranno a vicenda, aiutandosi reciprocamente a “crescere” e a muoversi verso la felicità – che spesso comporta scelte, se non proprio drastiche, quantomeno coraggiose.
L’autrice ha scelto di usare tante metafore per raccontare il percorso delle protagoniste: la più evidente tra tutte è il vero e proprio viaggio in barca che Marina compie – da sola – per attraversare lo stretto di Gibilterra, e che rappresenta il progressivo sviluppo di fiducia in sè e nelle proprie capacità, nonché la voglia di essere autosufficiente, in grado di affrontare l’imprevisto anche da sola. Insomma, Marina diventa metaforicamente e concretamente la comandante della sua nave.
A questo si aggiunge il velato significato dei vari fiori offerti, suggeriti e “patrocinati” da Olivia per le protagoniste, i loro amici, mariti e amanti. Le relazioni con gli uomini mostrate in questo romanzo sono diverse tra loro, ma tutte accomunate da un certo senso di insoddisfazione da parte delle protagoniste, che – per quanto provino a scappare dagli stereotipi della società – si ritrovano spesso soffocate da stigmi quasi inevitabili. Il finale, ve lo spoilero, è però positivo.
Se la trama è così bella – accattivante, realistica ma ottimista, femminista – perché questo libro non mi è piaciuto? Semplice: perché è dannatamente lento. Così lento da annoiare già dopo poche decine di pagine. Lo sviluppo di tutto – eventi, storie personali, caratteri – procede a passo di lumaca, con un testo infarcito di digressioni (poco utili) e un infinito pensare e ripensare dei personaggi. Ho impiegato parecchi giorni per terminare questo libro e, lo ammetto, ho perfino saltato qualche pagina, perché da una parte volevo capire come sarebbe finita la storia, mentre dall’altra sono quasi arrivata a detestare i personaggi e la loro inerzia.
In conclusione? La storia prometteva bene, ma il risultato secondo me è tedioso.