RECENSIONE: Come tutti gli uomini fanno di Maria Mazzocchia
TITOLO: Come tutti gli uomini fanno
AUTRICE: Maria Mazzocchia
EDITORE: self
PAGINE: 240
TRAMA (redatta da Adelaide):
Hasan, Anja, Wolfgang, Luz, Marta, Maryam sono i sei personaggi che danno vita a questo romanzo corale. Chi in fuga dal proprio paese d’origine a causa della guerra, chi da una condizione che non riesce ad accettare, si incontreranno a Berlino. La trama si dipanerà tra il 2020 e il 2050, prendendo avvio dalla pandemia attuale cui farà seguito uno sconvolgimento climatico. Gli eventi proseguiranno verso un futuro distopico nel quale un solo gruppo di sei uomini, i più ricchi al mondo, gestirà la vita dei sopravvissuti fino a monitorarla minuto per minuto; ma non è questo l’aspetto più rilevante del testo, l’autrice cerca di coinvolgerci nel legame che si crea tra i sei protagonisti. Nel romanzo, infatti, si parla di amicizia, dell’affetto infinito tra due fratelli e dei loro sogni, dell’amore tra un uomo e una donna costretti a ricostruirsi una vita lontani dalla propria terra d’origine, dell’ispirazione che un uomo trae per la sua musica solo osservando una donna e, non in ultimo, dell’amore di una figlia per il proprio padre. Sentimenti sinceri e profondi messi in contrapposizione alle aberrazioni del mondo che li circonda.
RECENSIONE
Comincio sottolineando il fatto che il libro ha vinto il Premio Letterario Metamorfosi 2020 e si è piazzato tra i vincitori del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea 2020, pertanto la mia recensione non potrà sminuire nel modo più assoluto il valore che gli è stato attribuito. Faccio questa premessa perché da lettrice non mi sono sentita coinvolta. Per la maggior parte del testo gli eventi vengono raccontati come già accaduti, brevi riassunti che mi hanno portata a non vivere con intensità la storia.
Riporto uno stralcio (da pag 132): “Molte cose erano cambiate in trent’anni. Il mondo era stato completamente rovesciato, trasformato da ogni punto di vista: sociale, culturale, morfologico, climatico, strutturale. La Germania si era dimostrata, in Europa, il paese più temerario. Aveva affrontato con forza una situazione di emergenza sociale che richiedeva sforzi immani per la gestione e l’accoglienza di un numero mai conosciuto prima di rifugiati ambientali. Inoltre, era stata l’unica nazione europea a non inginocchiarsi davanti all’arroganza fascista, mantenendo vivi e saldi i propri principi di libertà ed equità e facendo valere i diritti dei propri cittadini. Fino a quando non aveva dovuto capitolare e scomparire come entità nazionale sotto il Nuovo Ordine. La dittatura aveva avuto inizio in Italia e si era diffusa rapidamente, raggiungendo quasi l’intero territorio europeo.” Qui, ad esempio, a mio vedere, manca una parte importante che avrebbe dato maggiore respiro al testo, tutto è sintetizzato in poche righe come se si trattasse di un racconto e non di un romanzo. Comprendo che l’intento dell’autrice era quello di privilegiare la storia dei sei personaggi, ma il contesto rimane fin troppo marginale.
In alcuni punti vi è anche l’anticipazione di situazioni che annullano la curiosità del lettore e indeboliscono pagine peraltro molto belle, come quella dell’arresto di… (no spoiler).
Molte frasi contengono ripetizioni superflue e luoghi comuni, come questa: “ma era già il momento di atterrare, due ore passate in un soffio, letteralmente volate, 1.500 km percorsi in un batter d’ali.” Oppure quest’altra: “…fino a quando aveva finalmente incontrato gli occhi di Wolf dove si era fermato a gettare l’ancora, come fosse un viaggiatore esausto in cerca di un posto sicuro dove riposare le sue ossa stanche.” Caratteristiche, queste, di uno stile ancora acerbo.
In alternanza, però, troviamo anche pagine molto ben descritte e interessanti come quella del già citato arresto di…
Personalmente ho apprezzato anche la descrizione del libero arbitrio, che riporto: La libertà è qualcosa di esterno al sé, qualcosa che dipende dal contesto e si basa su regole sociali. Il libero arbitrio è un dono interiore, fondato anche su regolamenti e consuetudini, ma legato al cuore, se uno ci crede e vuole chiamarla così. In sostanza, il libero arbitrio è una sorta di indennità potenzialmente illimitata di qualsiasi cosa una persona voglia fare, sia essa positiva o negativa (pag. 141).
Lucida è la riflessione sull’uso delle droghe. «Trovo che sia eticamente scorretto fare uso di droghe», confidò una sera a Micha, durante una delle loro chiacchierate notturne, «per almeno due motivi: innanzitutto è una scelta di vita che ha delle conseguenze sulla salute e quindi anche sul sistema sanitario che deve sostenere delle spese per curare il corpo e le capacità intellettive quando il livello di deterioramento diventa importante; secondo, perché trattandosi di sostanze illegali il consumo di droghe non fa che alimentare attività illecite collegate a criminali e mafiosi di tutto il mondo. Perché mai dovrei distruggere il mio corpo e la mia mente per pesare sulle tasche dei contribuenti, rubare i soldi alla sanità che spetterebbero a un malato di cancro e contestualmente finanziare dei criminali?…
Belle anche le pagine in cui Marta e Wolf stanno vicino ad Hassan.
Conclusione? Interessante ma con diverse lacune.
N.B. So che questa recensione si discosta dalla forma con cui qui, su VCUC, siamo soliti commentare i libri; in questo specifico caso ho però preferito riportare direttamente diversi stralci di testo per rendere chiare – sia al lettore che all’autrice che ci ha gentilmente fornito una copia del suo testo – le mie considerazioni e ciò che le ha provocate.
Adelaide J. Pellitteri
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