RECENSIONE: Brooklyn di Colm Tóibín
TITOLO: Brooklyn
AUTORE: Colm Tóibín
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 297
TRAMA:
1952. Trovare lavoro a Enniscorthy, nel Sud-Est dell’Irlanda, semina solo frustrazione e desiderio di un benessere che non c’è. La giovane Eilis Lacey, prigioniera del confronto quotidiano con la madre e la sorella Rose, non ha davanti a sé alcuna prospettiva, finché la visita di un prete emigrato, padre Flood, le fa intravedere l’opportunità di un’esistenza migliore, al di là dell’oceano, a New York. Sarà proprio a Brooklyn che Eilis a poco a poco imparerà a sentirsi a casa in una terra dove tutto è possibile. E l’incontro con Tony, un ragazzo italiano, cambierà la sua vita per sempre. Un romanzo in grado di parlare la lingua dei legami piú autentici e profondi, che attraversa oceani emotivi in quella linea d’ombra tra l’adolescenza e l’età adulta.
RECENSIONE
Enniscorthy, anni Cinquanta: in questa cittadina irlandese non c’è lavoro per nessuno, e Eilis Lacey non ha davanti a sé grandi prospettive per il futuro. È una giovane donna brava a far di conto, paziente e senza particolari guizzi nelle sue giornate. La sorella maggiore Rose, suo modello quasi irraggiungibile di perfezione, lavora come contabile e provvede alla famiglia, mentre i fratelli maschi sono tutti emigrati in Inghilterra per cercare lavoro. Per Eilis arriva però un’opportunità inaspettata: Padre Flood le ha trovato un posto di lavoro e un alloggio negli Stati Uniti. È arrivato il momento di partire e scoprire una nuova vita.
Non vi racconto altro della trama per non spoilerarvi gli sviluppi, ma anche perché credo che in fondo gli eventi esterni siano di poco conto in questo libro, che è interamente concentrato su Eilis e sul suo modo di rapportarsi a questi avvenimenti. All’inizio la protagonista è tutta un farsi trascinare, un subire, un seguire il flusso perché “così è la vita” e forse così potrebbe far contente le persone a cui tiene, in primis sua madre e sua sorella. Per questo motivo accetta di partire per l’America, viaggio per cui pare non provare gioia quanto piuttosto una grande paura dell’ignoto. Eilis è spesso un personaggio timoroso, che cerca consigli da chi le sta intorno e ritiene più esperto.
Nel corso del libro questo suo atteggiamento cambia. Troviamo qua e là dei pensieri infastiditi, forti, che poi mette in atto esponendo la propria opinione o cercando di gestire le situazioni alla sua maniera. Impara, si adatta. Devo ammettere di averla trovata una figura strana da inquadrare, forse perché è molto più simile a una persona reale che non al personaggio di un romanzo.
Da questo libro è stato tratto un film, in cui la protagonista viene interpretata da Saoirse Ronan e in cui il suo carattere viene delineato in modo molto più nitido: nel film lei è timida, ma risoluta, divertente e in grado, alla fine, di prendere in mano il suo futuro. Anche quest’ultimo elemento nel libro rimane invece più grigio, meno chiaro: Eilis compie una scelta volontaria o è di nuovo vittima degli eventi?
Questa domanda è rimasta in sospeso per me nel corso dell’intera lettura, e me la sono posta anche a proposito del suo rapporto con Tony. Tony Fiorello è il ragazzo americano di origini italiane che conosce e che inizia a frequentare in America. L’autore ce lo presenta come un ragazzo d’oro: genuino, onesto, simpatico, gentile e gentiluomo. E se nel film capire la relazione tra lui ed Eilis è piuttosto facile, nel romanzo risulta molto più complicato. Eilis ha pensieri molto dolci nei suoi confronti, eppure allo stesso tempo sembra quasi volersi frenare, avere dei timori nascosti, non capisce bene la situazione e, di nuovo, si fa trascinare dagli eventi e dall’entusiasmo di Tony. Ho dei pareri contrastanti su questo atteggiamento della protagonista, non ho ancora deciso se l’ho trovato molto realistico o in alcuni punti fin troppo pesante.
In ogni caso Brooklyn è stato una bella lettura, un viaggio in un mondo lontano, in un tempo in cui immaginare l’altra parte dell’oceano non era facile com’è oggi: un tempo in cui i viaggi in nave duravano tanto ed erano scomodi, un tempo in cui tutti in America erano immigrati e in cui separarsi dalla famiglia voleva dire lasciarsi alle spalle tutto quello che si era sempre stati per diventare quasi una nuova persona. Un bel libro sulla scoperta di sé, uno sguardo sui pensieri confusi di un’immigrata che si prepara a costruirsi una nuova esistenza.