RECENSIONE: Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie
TITOLO: Americanah
AUTRICE: Chimamanda Ngozi Adichie
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 501
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TRAMA:
La distanza tra la Nigeria e gli Stati Uniti è enorme, e non solo in termini di chilometri. Partire alla volta di un mondo nuovo abbandonando la propria vita è difficile, anche se quel mondo ha i tratti di un paradiso, ma per Ifemelu è necessario. Il suo paese è asfittico, l’università in sciopero. E poi, in fondo, sa che ad accoglierla troverà zia Uju e che Obinze, il suo ragazzo dai tempi del liceo, presto la raggiungerà. Arrivata in America, Ifemelu deve imparare un’altra volta a parlare e comportarsi. Diverso è l’accento, ma anche il significato delle parole. Ciò che era normale viene guardato con sospetto. Ciò che era un lusso viene dato per scontato. La nuova realtà, inclemente e fatta di conti da pagare, impone scelte estreme. A complicare tutto c’è la questione della pelle. Ifemelu non aveva mai saputo di essere nera: lo scopre negli Stati Uniti, dove la società sembra stratificata in base al colore. Esasperata, Ifemelu decide di dare voce al proprio scontento dalle pagine di un blog. I suoi post si conquistano velocemente un folto pubblico di lettori, che cresce fino ad aprire a Ifemelu imprevisti e fortunati sbocchi sul piano professionale e privato. Ma tra le pieghe del successo e di una relazione con tutte le carte in regola si fa strada un’insoddisfazione strisciante. Ifemelu si sente estranea alla sua stessa vita e, lì dov’è, non riesce ad affondare le radici, pur sapendo che in Nigeria il nuovo modo di guardare il mondo le guadagnerebbero l’epiteto di “Americanah”.
RECENSIONE
Americanah è il nome con cui viene chiamata una persona nigeriana che torna a casa dopo aver passato del tempo in America, assimilando la lingua, le tradizioni e le abitudini degli Americani. Questo è il modo con cui Ifemelu ha paura di essere etichettata quando decide di tornare in patria dopo anni passati negli USA. Ifemelu, terminato il liceo, si era infatti trasferita a studiare in America, in cerca di un’istruzione e di una vita migliori. Ma torniamo indietro, partiamo dal principio: dal suo viaggio in America.
Nel romanzo, capitolo dopo capitolo, abbiamo la possibilità di accompagnare Ifemelu in un percorso che si dimostra pieno di sorprese, purtroppo non sempre positive. Ben presto la ragazza si rende conto che l’America non è propriamente il paese della cuccagna… soprattutto se la tua pelle non è di colore bianco.
Il tema centrale del romanzo è proprio il razzismo e devo dire che mi è piaciuto molto come l’autrice ha scelto di trattarlo: nella maggior parte dei casi Chimamanda Ngozi Adichie non ci presenta il razzismo violento che tutti siamo abituati a etichettare come tale, bensì si focalizza su un razzismo più indiretto ma per questo non meno grave o doloroso per chi ne è vittima. Nessuno insulta Ifemelu per essere nera, nessuno è violento nei suoi confronti per il colore della sua pelle o le affibbia brutti epiteti; si tratta piuttosto di dettagli più piccoli e apparentemente innocui, che se analizzati con un po’ di attenzione si rivelano delle armi taglienti e pericolose.
Vorrei soffermarmi in particolare su due di questi elementi. Non appena la gente vede Ifemelu e scopre che si è da poco trasferita dalla Nigeria inizia a parlarle molto lentamente, scandendo in maniera eccessiva le parole, pensando che la ragazza non capisca la lingua, quando in realtà in Nigeria si parla quotidianamente inglese. Il secondo “dettaglio” riguarda i capelli della protagonista e, più in generale, i capelli delle donne di colore: nel momento in cui Ifemelu si mette a cercare lavoro, la zia Uju, che vive in America ormai da anni, le suggerisce di lisciarsi i capelli per avere un aspetto più curato, più professionale, più bianco. Questo rapporto con i capelli “afro” è proprio una delle questioni presentate nel libro che più mi ha colpita. Ifemelu ascolta la zia e così si ritrova a tentare di domare i suoi voluminosi ricci con liscianti di ogni tipo, spesso molto aggressivi e dannosi per la cute. Nessuno chiede esplicitamente a Ifemelu di sottomettersi a questa “tortura”, però lei decide ugualmente di farlo, semplicemente perché vuole sentirsi accettata nel paese che la sta “ospitando”. Per lo stesso motivo la ragazza cerca di emulare l’accento americano.
Ben presto, però, Ifemelu cambia completamente visione di sé e del tipo di persona che vuole essere: si rende conto che non è lei ad essere sbagliata, ma che probabilmente sono gli altri ad essere sbagliati se non sono in grado di accettare chi appare diverso dai loro standard; così Ifemelu decide di lasciare libera la sua imponente chioma esattamente come madre natura gliel’ha data e sceglie di mantenere il suo accento.
Ho apprezzato molto anche la panoramica che la scrittrice ci mostra della sua terra: sinceramente conoscevo poco o niente della cultura e della storia della Nigeria, quindi è stato interessante scoprire qualcosa in più sul modo di vivere dei nigeriani, sull’organizzazione della loro società e sulle turbolenti situazioni politiche che si sono ritrovati a vivere verso la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio. Soprattutto penso che sia molto curioso osservare come cambia la visione che Ifemelu ha di Lagos tra prima e dopo la sua partenza per gli Stati Uniti: per quanto la ragazza tenti di rimanere fedele alle radici del suo paese, l’America cambia, perlomeno in parte, la sua prospettiva nell’analizzare le situazioni che le si presentano, il suo modo di ragionare e di prendere decisioni.
Le pagine più belle del romanzo sono, probabilmente, quelle in cui si riportano gli articoli scritti da Ifemelu su Razzabuglio, il blog personale in cui la ragazza denuncia i pregiudizi ancora molto diffusi negli USA… Le sue parole fanno sicuramente riflettere.
Oltre alla storia di Ifemelu, l’autrice racconta anche quella di Obinze, il ragazzo con cui la protagonista è stata fidanzata al liceo. La vita di Obinze, ancora di più di quella di Ifemelu, prende una piega del tutto inaspettata tra tentativi falliti di emigrare negli Stati Uniti, soggiorni clandestini in Inghilterra, un matrimonio infelice, un’improvvisa fortuna e un amore eterno per Ifemelu. Per quanto possa essere sicuramente interessante scoprire una storia come quella di Obinze, devo ammettere che il suo percorso mi ha entusiasmata di meno rispetto a quello di Ifemelu, infatti ho trovato i capitoli a lui dedicati un po’ troppo lenti.
Americanah è un libro importante i per temi trattati, temi per i quali a volte può risultare difficile riuscire a combinare sincero realismo e abilità narrativa. La forza del libro di Chimamanda Ngozi Adichie, invece, sta proprio nella capacità della scrittrice di unire temi così complessi con uno stile di scrittura molto fresco e scorrevole, rendendo il romanzo non solo istruttivo ma anche appassionante.
Non posso che consigliare vivamente questo libro! In futuro leggerò sicuramente altri romanzi dell’autrice.
Conoscete questo romanzo? Cosa ne pensate?
Marta
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