RECENSIONE: La stagione del vento di Laure Duval

TITOLO: La stagione del vento
AUTRICE: Laure Duval
PAGINE: 360
EDITORE: Mondadori

TRAMA

Marzo 1913, Coco si è appena trasferita a Deauville dove, grazie al sostegno economico del suo compagno, Arthur Capel chiamato Boy, proprietario di una miniera di carbone, ha aperto il suo secondo negozio (il primo, dedicato ai cappellini canottier, lo possiede già a Parigi). Coco ha molte idee per la testa e, sebbene non sappia cucire, ha una grande passione per le stoffe che taglia addosso ai manichini senza seguire nessuna regola. Boy con il suo ingente patrimonio finanzia senza battere ciglio ciò che immagina essere un passatempo per la sua donna, mentre Coco a ogni bonifico sottolinea il fatto che si tratta solo di un prestito e che gli restituirà tutto appena le sarà possibile. Deauville è una cittadina balneare della Normandia che si appresta a diventare meta di personaggi del bel mondo, ha già un Casinò e vi si svolgono gare e corse ippiche cui partecipa anche Boy, ottimo giocatore di polo. Le donne sfoggiano ancora lunghi abiti dall’orlo sempre insudiciato e spropositati cappelli piumati; abbigliamento che Coco trova decisamente scomodo e troppo appariscente. Lei adora la semplicità che esalta bellezza e sensualità, in una sola parola: ama l’eleganza.
La relazione tra Coco e Arthur, per quanto stabile e vissuta con passione, non può portare i due al matrimonio, il diverso ceto sociale lo impedisce; Coco è un’orfanella mentre il Capel fa parte del mondo che conta, e proprio in quei giorni gli viene proposto di diventare Consigliere speciale del senatore Clemenceau.
Nonostante la timidezza di Coco nel rapportarsi con la clientela la sua fama comincia a diffondersi e, ormai prossimo l’inizio della prima guerra mondiale, la città si trasforma in rifugio per l’intera nobiltà francese. Con l’inizio del conflitto molti negozi chiudono i battenti ma Coco, grazie ai finanziamenti senza limiti del suo uomo, no. E mentre Boy si arricchisce sempre di più rifornendo il governo di tutto il carbone che occorre, Coco conquista le nobildonne. Un’ascesa per entrambi inarrestabile.
Arthur rispettando i canoni dell’epoca non è certo un uomo fedele, inoltre viene spronato dal senatore stesso a formarsi una famiglia per rafforzare la sua credibilità in ambito politico. Arthur sceglie Lady Diana Lister, baronessa di Ribblesdale; un colpo basso per Coco che si butta totalmente sul lavoro affermandosi sempre più.
La relazione tra i due comunque non si interrompe anche se per Coco non è più la stessa cosa, e restituire a Boy quanto ha ricevuto diventa la sua ossessione.

RECENSIONE

L’autrice ha costruito l’intero romanzo basandosi sulla biografia di Coco Chanel e sulle numerose interviste rilasciate dalla stilista e dallo stesso Arthur Capel (seppure in alcuni casi contraddittorie). I dialoghi e l’aggiunta di alcuni personaggi di fantasia, come la cameriera Aurore, danno al lettore la percezione chiara e visiva della storia d’amore personale tra Coco e Arthur, l’ascesa al successo, nonché del contesto storico e sociale dell’Europa dagli esordi del primo conflitto mondiale fino alla seconda guerra mondiale.

Il più importante tra i personaggi di fantasia è sicuramente quello di Aurore, una ragazza uscita dal convento e assunta da Arthur come cameriera personale di Coco. La ragazza, che vive con grande imbarazzo la situazione dei due, scabrosa per quegli anni, rappresenta quel tipo di società che perdonava all’uomo condannando la donna. La parte romanzata che la riguarda, inoltre, si inserisce molto bene nella trama del romanzo; amplia lo scenario permettendoci di ripercorrere anche il vissuto dei soldati al fronte, e leggere di una storia d’amore così come poteva essere vissuta dalle giovani donne dell’epoca.

È un romanzo di ampio respiro che parla anche, e soprattutto, di femminismo, della voglia di una donna abbandonata dal padre che cerca il riscatto dall’uomo in generale. Determinata a conquistare la sua indipendenza, Coco la raggiunge restituendo quanto ricevuto dal suo compagno. Illuminante, a riguardo, è la frase realmente pronunciata da Arthur appena ricevuto il saldo e citata a pag. 289: «Credevo di darti un giocattolo e ti ho regalato la libertà».

Lo stile asciutto dell’autrice rende la lettura scorrevolissima.

Ci tengo a riportare un paio di estratti che mi hanno colpita molto.

Molto bella la descrizione dell’atteggiamento di Coco appena scoperte le ulteriori elargizioni di Boy. Da pag 106: Rimase ferma a fissarlo con l’aria ferita e rabbiosa, arretrando a piccoli passi lontano da lui come aveva fatto pochi minuti prima mentre ballavano. Ma se nel tango la distanza tra di loro era lo spazio ideale per giocare, ora improvvisamente sembrava che fosse diventata un fossato atroce e insuperabile

Azzeccata la descrizione di Adalbert. Da pag 118: Boy intuì solo in quel momento che uno dei più grossi vantaggi di Adalbert, che gli aveva permesso di arrivare fino al punto in cui si trovava adesso, consisteva proprio nella capacità di muoversi quasi sempre in mezzo a giocatori di un livello molto più alto del suo, senza mai pretendere di essere come loro o di mettersi in luce. L’unica cosa essenziale ai suoi occhi era vincere, e probabilmente per lui non aveva nessuna importanza se uno dei mezzi per conquistare la vittoria era dare un’immagine di sé dimessa, anonima e perfino inferiore alle sue stesse potenzialità.

In conclusione? Il romanzo è ben costruito nelle dinamiche, è godibile per il lettore, e risulta affascinante anche per chi, come me, conosce già la biografia e l’esito degli eventi dei due personaggi principali.

Adelaide J. Pellitteri

 


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Mondadori, recensione, storia

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