RECENSIONE: Niebla di Miguel de Unamuno
TITOLO: Niebla (Nebbia)
AUTORE: Miguel de Unamuno
PAGINE: 288
TRAMA:
Pubblicato per la prima volta nel 1914, “Nebbia” è senz’altro il capolavoro del grande scrittore e filosofo basco, un libro nel quale è felicemente condensata la sua visione del mondo e del legame che unisce realtà e immaginazione. Nel narrare la storia di Augusto Perez, un giovane ricco e svagato che si innamora della bella e povera Eugenia, a sua volta innamorata di Maurizio, Unamuno genera un congegno narrativo che mette in torsione le canoniche categorie del romanzo. Ne discende un esempio di romanzo sul romanzo, un gioco di specchi all’interno del quale autore personaggi e lettore si confondono in una narrazione che è fatta con la materia dei sogni.
INTRODUZIONE ALL’AUTORE
L’autore, Miguel de Unamuno, fu uno dei massimi rappresentanti della cosiddetta Generación del 98, un movimento letterario spagnolo di inizio ‘900 che si poneva come questione centrale la condizione problematica in cui versava la nazione spagnola all’affacciarsi del nuovo secolo. Unamuno, tuttavia, fu molto più di un noventayochista: nato a Bilbao ma contrario al forte nazionalismo basco, professore di greco e poi rettore all’Università di Salamanca, fu esiliato durante la dittatura di Primo de Rivera e mostrò per molti anni un’inclinazione socialista. Al principio della guerra civile sembrò sostenere Franco, ma il 12 ottobre 1936 all’apertura dell’anno accademico il rettore dell’Università di Salamanca pronunciò un discorso – davanti a soldati e alte cariche dell’esercito – che è passato alla storia: “Ed io che ho trascorso la mia vita a creare paradossi che suscitavano la collera di coloro che non li afferravano, io devo dirvi, come esperto in materia, che questo barbaro paradosso mi ripugna… Questo è il tempio dell’intelletto. E io ne sono il sommo sacerdote. Siete voi che profanate il sacro recinto. Voi vincerete perché avete soverchia forza bruta. Ma non convincerete. Perché, per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta. Io considero inutile esortarvi a pensare alla Spagna. Ho finito.”
Unamuno morì poco tempo dopo.
COMMENTO
Dopo questa doverosa introduzione dell’autore, possiamo ora concentrarci su Niebla, una delle novelas (romanzi) più celebri di Unamuno… anzi, sicuramente la sua nivola più celebre. Il concetto di nivola, che l’autore fa spiegare all’interno del libro stesso da uno dei suoi personaggi, si discosta dal romanzo realista perché dà molto più spazio alla psicologia dei personaggi, rendendo spesso labile la distinzione tra autore e personaggi stessi; la nivola è “un romanzo senza argomento nè progetto, che si costruisce da sè man mano che l’autore procede con la scrittura”.
L’opera inizia con un prologo redatto da Víctor Goti, un amico del protagonista Augusto Pérez, nonché intimo di don Miguel; ciò che stupisce il lettore fin dal principio è la risposta che l’autore fornisce nel post-prologo ad alcune insinuazioni mosse da Goti appena poche pagine prima. Insomma, tra i due sembra esserci in corso una disputa… la cui natura diventerà comprensibile solo diverse pagine dopo.
La storia si sviluppa infatti su due livelli: in primis troviamo la più chiara e lineare vicenda di Augusto Pérez, uno scapolo “pensatore” che si innamora di una bella donna, Eugenia, che gli farà patire attimi difficili; nella pagine finali diventa però palese la presenza di un’altra trama, che offre al lettore una questione ben più spinosa: il personaggio incontra il suo autore e la netta distinzione tra fantasia e realtà crolla.
In quest’opera Unamuno si diverte a mischiare tutti i dilemmi filosofici possibili ed immaginabili, dalle riflessioni sull’amore al linguaggio, passando per la morte, la religione e il suicidio. Augusto è un uomo che pensa tanto e troppo, spesso anche “inutilmente”: è un tipo passivo, abulico, che filosofeggia su ogni avvenimento della sua vita senza la volontà di giungere ad alcuna conclusione e senza reagire; studia e legge ma non fa alcuna esperienza della vita reale che lo circonda. Eugenia rappresenta per lui l’emozione che lo fa sentire vivo, un’emozione totalmente cerebralmente costruita che lo farà (o così spera) uscire dalla nebbia esistenziale in cui si sente costretto.
Nel corso delle pagine Unamuno interseca qua e là anche le vicende di personaggi provenienti da altri suoi scritti, come Avito Carrascal da Amor y pedagogía.
L’insolita relazione che lega Augusto ed Eugenia e la tentazione che la giovane popolana Rosario rappresenta per il protagonista contribuiscono ad arricchire di colore il testo prima dell’esplosione finale; questi elementi creano attesa nel lettore, lo invogliano a proseguire la lettura. Molte azioni di Augusto sono buffe, fanno sorridere, e i primi due terzi dell’opera sembrano voler dipingere sul viso del lettore un sorrido un po’ sardonico: Augusto è sciocco, a tratti ridicolo, e le intenzioni di Eugenia paiono più chiare a noi che al protagonista stesso…
Personalmente ho trovato molto interessante il prologuista, Victor, che con le sue avventure e disavventure familiari introduce esperienze di vita più concrete – seppur molto bizzarre – rispetto a quelle del migliore amico Augusto.
Nell’incontro finale tra autore e protagonista troviamo limpidamente espresse le tematiche pirandelliane di Sei personaggi in cerca d’autore nonché un richiamo a quella parte della letteratura spagnola che già secoli prima si era indagata sulla consistenza della vita umana – risale infatti al ‘600 la tragedia La vida es sueño di Calderón de La Barca.
Nelle ultime pagine Unamuno e Augusto si confrontano: il primo cerca di negare l’esistenza indipendente e il libero arbitrio del secondo, che è solo e soltanto un personaggio della penna di Unamuno; Augusto però rifiuta categoricamente questo tentativo di sminuire la sua esistenza e la sua volontà, arrivando addirittura a ribattere mettendo in dubbio la vita stessa di Unamuno, che potrebbe non esser altro che il sogno di un’entità superiore.
Di questi capitoli colpisce la violenza – psicologica, e poi fisica – che Unamuno mette in atto nei confronti di Augusto; l’autore si pone al principio in una posizione di indiscussa superiorità… tuttavia le insinuazioni del personaggio spezzano questa ostentata sicurezza, incrinando le certezze dello scrittore, così come quelle del lettore.
Unamuno con questa mescolanza tra finzione e realtà ci porta dunque a indagare l’essenza stessa della realtà: la realtà è quella fuori dal testo scritto? Oppure anche al di sopra dell’autore (e quindi di noi lettori) c’è qualcuno che muove i fili?
Il romanzo, che non delude nemmeno nelle ultime righe, si conclude con una sorta di epilogo… scritto dal cagnolino di Augusto, ovvero il fedele Orfeo. La chiusura è, a mio parere, a dir poco geniale.
Niebla è un romanzo strano – particolare nei modi, nella trama, nei personaggi, nei dialoghi e nella conclusione – ma anche molto piacevole da leggere: Augusto è un personaggio che affascina, che nella sua passività e successiva drammaticità cattura il lettore (un po’ come Zeno Cosini, almeno a mio parere…); la voce di Unamuno poi, che parla attraverso i suoi personaggi, arricchisce il tutto con numerose domande esistenziali, alle quali il lettore è invitato a cercare una risposta… che forse, però, non troverà mai.
[Nota conclusiva: se masticare un po’ di spagnolo, vi consiglio una lettura in lingua originale.]
Conoscete questo autore? Vi ispira questa nivola?
Benedetta
Non conosco l’autore, vedrò di provvedere e recuperare questa lettura! Grazie della recensione
Buona lettura
Un romanzo singolare credo, lo terrò presente.