RECENSIONE: Ci baciamo a settembre (a cura di Marco Erba)
TITOLO: Ci baciamo a settembre
CURATORE: Marco Erba
EDITORE: Rizzoli
PAGINE: 208
TRAMA:
Durante la quarantena hanno parlato tutti: virologi, politici, giornalisti, ministri, professori, presidi, opinionisti, esperti e inesperti, leoni da tastiera. Ma i ragazzi? Loro, dove sono finiti? Non li abbiamo più sentiti passare per le strade deserte, non li abbiamo visti in piazza e al parco, non hanno più potuto affollare i locali della movida, non sono più andati a scuola, non hanno più riempito i centri sportivi. Allora, dove si sono cacciati? Come hanno vissuto la quarantena? Abbiamo voluto chiederglielo. Ci hanno risposto così.
RECENSIONE
Come hanno vissuto la quarantena i ragazzi? Questa domanda ha guidato Marco Erba nella raccolta di una cinquantina di racconti scritti da studenti, adolescenti dalle medie alle superiori che si sono ritrovati più o meno all’improvviso privati di uno dei luoghi di incontro e socializzazione – prima ancora che di apprendimento – più quotidiani e allo stesso tempo necessari: la scuola.
Il curatore ha suddiviso i racconti in tre sezioni – I realisti, I romantici e Gli ottimisti – incorniciando l’opera con un’ouverture e un epilogo, il tutto seguito da brevi conclusioni scritte di suo pugno.
I vari racconti guidano il lettore alla scoperta della vita domestica di diverse famiglie italiane, navigando tra piccoli e grandi disguidi, paure, incomprensioni, desideri e speranze di una popolazione spaesata. I racconti nell’insieme costituiscono una lettura piacevole: alcuni sono più umoristici, i giovani autori cercano di strappare qualche risata al lettore raccontando i lati buffi della convivenza forzata; altri invece si concentrano maggiormente sulla malinconia provocata dalla reclusione, su quei piccoli dettagli che di solito sembrano insulsi ma che in una situazione di privazione acquisiscono una rilevanza imprevista; altri ancora ricordano con le lacrime agli occhi i cari perduti e si soffermano sui timori e i dubbi che li assalgono in questi momenti di “solitudine”.
Tra le tematiche ripetutamente trattate, come è ben facile immaginare, troviamo anche la didattica a distanza (l’ormai celebre DAD), che per alcuni studenti rappresenta un incubo e per altri un utile strumento di contatto con il mondo scolastico, gli insegnanti e i compagni. La DAD diventa per i ragazzi uno spunto per parlare in modo più ampio del loro rapporto con la scuola, rapporto che si dimostra essere piuttosto variegato, ma sempre e comunque caratterizzato da una forte componente emotiva e affettiva.
Quasi tutti i racconti, inoltre, cercano di portare al lettore un qualche messaggio “positivo”, di speranza, una morale che viene appresa attraverso le difficoltà, la fiducia in un futuro migliore.
Come già detto, il libro nell’insieme è piacevole; non posso però sostenere che sia nulla più di questo: una lettura gradevole, non di certo un testo dotato di particolare spessore né una riflessione alquanto densa e intensa sul lockdown e sulla vita durante il Covid19. I vari racconti – per la maggior parte almeno – mancano di approfondimento e di profondità; a mio parere il libro è semplicemente stato scritto troppo presto: è un prodotto sicuramente contemporaneo, con idee sincere e buttate giù nel momento stesso in cui gli avvenimenti narrati sono stati vissuti; manca tuttavia la consapevolezza dello sguardo “da lontano”, quella consapevolezza che viene ripensando, rileggendo, riflettendo a lungo su quanto accaduto e narrato. Manca completamente il “poi”: cos’è successo dopo la quarantena? Com’è andata davvero la maturità? Davvero il Covid ci ha reso persone migliori? E i complottisti? E i politici di destra, sinistra e il mondo intero? E la crisi economica? E la scuola ora? Diciamo che forse il curatore ha corso troppo, cercando di catturare con i ragazzi l’attimo, senza considerare che gli attimi passano e che il nostro ora è già diverso dal lockdown e che per questo i racconti possono risultare un po’ fuori tempo, quasi vecchi, sicuramente non completi.
Tutto questo è, ovviamente, un parere puramente personale.
Ci tengo a concludere questa recensione ribadendo però un concetto: sono felice che Marco Erba abbia voluto dare spazio ai ragazzi, ci dovrebbero essere più professori (perché Erba è prima di tutto questo: un insegnante) interessati ai pareri e ai sentimenti dei propri alunni.
Insomma, iniziativa lodevole, solo forse troppo frettolosa.
Cosa ne pensate? Conoscete Marco Erba? Vi piacerebbe leggere questo libro?
Benedetta
Non lo conosco, ottima recensione, grazie