RECENSIONE: Donne fino a epoca contraria di Adelaide J. Pellitteri
TITOLO: Donne fino a epoca contraria
AUTRICE: Adelaide J. Pellitteri
EDITORE: L’Erudita
TRAMA:
Il ’68, l’avvento delle radio private, le donne in televisione, davanti e dietro lo schermo, il lavoro lontano da casa e dagli affetti, la crisi. Le protagoniste di queste storie attraversano i tempi riportandone i segni sul viso, mentre ballano sul cubo, si imboscano nelle balere per loschi affari o lottano per la propria emancipazione. Il senso di maternità sembra smarrito, difeso contro ogni decreto, e loro sono così attente a tutelarsi da diventare inavvertitamente carnefici, con il coltello dalla parte del manico, tuttavia senza mai riuscire a vincere davvero. Trentadue racconti che aspirano a essere letti come un romanzo, dagli anni Sessanta fino a un futuro lontanissimo, immaginario e delirante, dove lo Stato, spesso distratto, emana leggi a protezione delle proprie cittadine.
RECENSIONE
Donne fino a epoca contraria (titolo estremamente suggestivo) propone una trentina di racconti con unico filo conduttore… Le donne. Donne del passato, donne del presente e anche donne del futuro; famiglia, figli, lavoro; amore, violenza e morte. Questa raccolta non si fa intimorire dalla vastità e dalla complessità dell’argomento, prova a toccarlo – a sfiorarlo quantomeno – in tutte le sue sfumature.
Ecco, parliamo dunque di donne, un macro-tema talmente vasto che potremmo passare anni e anni a esplorarlo, potremmo scrivere chilometri di papiri e forse comunque non riusciremmo a venire a capo di molte questioni. Perché se è vero che tutti (o quasi) riconosciamo problemi come il femminicio e il gender pay gap, purtroppo le soluzioni a queste piaghe sociali non sono così palesi e scontate. L’autrice e io, per esempio, non siamo allineate su diversi punti, eppure io credo che proprio in questo stia la forza di un libro come Donne fino a epoca contraria: con la sua forma leggera e veloce riesce a invitare alla riflessione senza obbligare ad alcuna conclusione. Non è proprio questo lo scopo di un libro? Far pensare, permettendo il confronto tra autore e lettore, senza che nessuno dei due cerchi di imporre la propria opinione? Per questo io sono soddisfatta nel complesso di questa lettura.
Per quanto riguarda lo stile, devo riconoscere che l’autrice è riuscita proprio a catturarmi: la sua penna è accattivante. I racconti sono più o meno lunghi, ma in ogni testo lei riesce a coinvolgere noi lettori, a farci entrare nella testa del protagonista di turno, a farci capire il suo punto di vista e farci provare le sue emozioni. L’immedesimazione viene spontanea, l’autrice non lascia altra scelta ai lettori, i quali devono condividere le esperienze dei personaggi, anche se solo per poche pagine. Personalmente ho preferito i racconti brevi brevi, li ho trovati più di impatto, con un ritmo più veloce: gli eventi corrono, la conclusione arriva in fretta e spesso colpisce allo stomaco. Lascia il segno (uno indelebile).
Unico appunto alla forma: il testo avrebbe forse beneficiato di una migliore correzione di bozze… ma nulla di drammatico, giusto qualche refuso qua e là.
Tra i miei racconti preferiti annovero i seguenti: La conta, Come in solitudine, Una stagione bella e arida.
Torniamo ora al principale valore di questo libro, nonché “punto caldo” della mia recensione: il contenuto. Parlare dei messaggi che questa raccolta vuole trasmettere non è facile, vista la vastità e la delicatezza dell’argomento. Adelaide Pellitteri scrive di femminicidi, di violenza domestica, di illusioni romantiche, di relazioni familiari, di carriere lavorative, di figli, di aborti, di amore e di molto altro ancora; l’autrice esplora il mondo femminile quasi a 360 gradi, descrivendo in modo suggestivo e dirompente cosa significa esser donna. Io, come già specificato a inizio recensione, non sono proprio allineata con l’autrice rispetto ad alcune tematiche; tuttavia non ho intenzione di esporre la mia posizione su alcunché, né tantomeno di commentare quella dell’autrice, poiché credo che ognuno abbia il diritto di avere le proprie convinzioni su questioni sociali di questo tipo. L’autrice, non temete, è femminista… anche se non in modo scontato. Vi consiglio dunque di leggere questa raccolta per farvi una vostra idea in merito.
Mi limito infine a un commento il più neutrale possibile: secondo me l’autrice avrebbe potuto essere più propositiva. Adelaide non risparmia critiche a nessuno, né agli uomini né alle donne protagonisti delle sue storie, racconta il male in modo diretto, senza peli sulla lingua. Dal mio punto di vista però pone un po’ troppo l’attenzione su ciò che non va, sul peggio, senza avanzare alcuna concreta soluzione. Io so che lei avrebbe una soluzione da proporre, ha un’idea forte di come rapportarsi al problema… solo che in questo testo emerge poco. Parlando con lei si comprende molto meglio il suo messaggio. Che poi io non sia d’accordo poco importa, Adelaide ha cose da dire, fatti da esporre, è aperta al dialogo, al confronto ed è seriamente impegnata su queste tematiche. Questa soluzione non emerge con forza nel testo, che è più critico che costruttivo. La proposta dell’autrice si scorge solo nelle ultime pagine, e velatamente. Questo, almeno a mio parere, è il vero punto debole del libro: colpisce, invita a porsi domande, graffia, scuote… ma manca la pars construens dell’autrice.
In conclusione? Consiglio la lettura di Donne fino a epoca contraria per l’attualità dei contenuti e la forza della forma; suggerisco inoltre di contattare l’autrice e di iniziare una bella e lunga chiacchierata con lei sui temi trattati nel testo.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
ALEX
Adelaide J. Pellitteri, autori emergenti, donne, racconti, recensione
Dawna
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