VCUC INTERVISTA… Enrico Galiano a #inchiostro19
Buongiorno a tutti, amici!
Domenica 23 giugno VCUC al completo ha partecipato al Festival Inchiostro, un evento culturale realizzato presso il complesso di Sant’Agostino a Crema. Trovate QUI il recap completo della giornata.
Appena arrivati, la prima cosa che abbiamo fatto… è stata intervistare Enrico Galiano, seduti al bar davanti a un bel cappuccino 😉
Per chi non lo conoscesse, Enrico Galiano è un professore di lettere che con Garzanti ha pubblicato finora tre romanzi Young Adult: Eppure cadiamo felici nel 2017, Tutta la vita che vuoi nel 2018 e Più forte di ogni addio nel 2019. Vi lascio qui in fondo la sua biografia e i link di riferimento per ulteriori approfondimenti.
Pronti per scoprire cosa ci siamo detti? Via con l’intervista!
MARTA: Come, quando e perché hai iniziato a scrivere il primo romanzo? Hai tratto ispirazione da storie di persone a te vicine, come i tuoi alunni?
ENRICO: Le storie nascono un po’ quando vogliono loro, è qualcosa di irrazionale e, per chi ci crede, di mistico. Il momento in questo caso è stato abbastanza simpatico: era la sera in cui la mia ex mi ha mollato in modo imprevedibile… mi è venuto in mente di scrivere una storia in cui due si innamoravano ma poi lei pensava che lui fosse un fantasma, qualcosa di immaginario, così che il lettore non potesse capire fino alla fine la verità, se lui fosse vero, se fosse morto, se fosse fantasia di Gioia. È una di quelle visioni che ti sembra una grande cagata o l’idea del secolo. Fatto sta che il mattino dopo mi sono messo lì al computer e ho usato la scrittura contro la sofferenza che provavo… che era abbastanza atroce.
La scrittura per alcuni diventa un rifugio per razionalizzare il dolore… Uno scudo. Io l’ho vissuto come uno scudo contro le botte. Per me è stato un modo per raccontare il tipo di amore che avrei voluto, un amore che non avevo più: sulla pagina tra lei e lui ho descritto quella cosa che secondo me in quel momento era l’amore.
ALEX: Quindi in questo libro hai messo te stesso più che i tuoi alunni: saresti tu il protagonista, racconti quello che avresti voluto, la tua storia d’amore… L’origine del libro perciò non è legata ai tuoi studenti, anche se i protagonisti sono adolescenti?
ENRICO: È diverso, nel senso che ho descritto il sentimento che avrei voluto poter vivere in quel momento, ma i personaggi e i loro caratteri sono come un mosaico, prendi dei pezzettini piccoli, come il tipo di zaino che indossa quel ragazzo lì, poi ne prendi un altro da un tuo ricordo, metti insieme i pezzi, ti allontani e ti rendi conto che il mosaico è diventato tutt’altro, qualcosa che prima non c’era. Quindi sì, traggo ispirazione in parte dai miei alunni, perché costituiscono un serbatoio di idee ed è anche per questo che non smetterò mai di insegnare, ho bisogno sempre di avere linfa vitale da quel punto di vista.
MARTA: Per il protagonista del tuo ultimo romanzo – Michele – che è un ragazzo cieco, hai tratto ispirazione da una base vera, da qualcuno che hai conosciuto, da una storia che hai sentito…?
ENRICO: Scrivere assomiglia un po’ a recitare, per recitare bene devi entrare nel personaggio e per farlo devi osservare quel personaggio, per comprenderlo e diventare lui: io ho osservato non vedenti, ho pensato di entrare nel mondo come se fossi un non vedente. Per esempio ho provato a fare le cene al buio, è stata un’esperienza molto forte perché dopo un primo momento esaltante inizia a salirti un’angoscia, non riconosci lo spazio, non hai riferimenti visivi… quindi la gente inizia a urlare e dopo due ore non vedi l’ora che finisca.
ALEX: Tutte le parole intraducibile presenti in Eppure cadiamo felici da dove vengono, dove le hai prese?
ENRICO: Libri e internet, 50 e 50. Ho trovato dei libri molto belli, un libro in inglese che si chiama The meaning of Tingo, di un professore universitario che ha fatto il lavoro sporco per me, ha raccolto tutte queste parole e le ha divise per argomenti. Un altro è Lost in translation.
ALEX: Facendo una presentazione alle scuole medie del mio paese, alcune professoresse si sono lamentate dicendo che loro non riescono a insegnare ai ragazzi il piacere della lettura, perché i ragazzi passano troppo tempo sui social: che ne pensi? Credi che le due cose siano così strettamente correlate?
ENRICO: Il problema per me è la difficoltà nel mantenere la concentrazione sulla singola cosa, i tempi si sono ristretti, leggendo un libro non provi piacere subito, è una cosa che curi, che alleni. È un po’ come la differenza che c’è tra l’andare al mare e l’andare in montagna: il mare ce l’hai subito lì, in montagna la bellezza consiste nel camminare, fare fatica, arrivare in cima e una volta che sei in cima il piacere è moltiplicato. Nei ragazzi l’attitudine a usare i social ha accorciato i tempi e dopo poco tempo si chiedono dove sia il bello.
(Qua la conversazione si è persa in sfumature differenti che, per questioni di spazio, non posso riportarvi.)
ALEX: L’approccio del professore che presenta libri e social come un aut aut secondo me è sbagliato, un po’ estremo e controproducente. I social possono anche essere usati per sviluppare tante passioni, tra cui la lettura… Un po’ come fai tu con i tuoi canali.
ENRICO: Si, io ho capito cosa intendi, è uno strumento e se lo strumento viene usato bene può servire. Tu, però, forse dimentichi che il medium è il messaggio, il libro appartiene a un altro schema, bisognerebbe quindi educare a un tipo di schema diverso, a un tipo di piacere diverso: i social non hanno la consistenza del piacere fisico, il libro invece ti regala anche un piacere di quel tipo… Tu leggi “tazzina del caffè” e senti il profumo del caffè.
ALEX: La domanda però è… come? Le professoresse con cui ho parlato mi hanno detto che l’unica soluzione sarebbe l’eliminazione dei social…
ENRICO: Bisogna educare alla bellezza e questo è una cosa che la scuola smette di fare all’altezza della scuola media, quando comincia la preoccupazione del programma, del voto e ci si dimentica che lo scopo per cui si è lì è accendere una luce. Senza quella luce non vai da nessuna parte. Puoi essere il professore più preparato, però se non accendi quella luce lì non vai da nessuna parte. In un ragazzino di prima media è ovviamente più facile accendere la curiosità perché c’è ancora dell’argento vivo in lui; il passaggio alla scuola media è forse il periodo più delicato dell’adolescenza, quando iniziano le ansie, quando si ha paura di deludere gli altri e se stessi e non per niente quelli che non leggono sono quelli che hanno deciso che la lettura è noiosa intorno al passaggio alla scuola media. Fino alla quinta elementare tutti leggono un sacco e poi ha inizio il disastro e lì è giusto che la scuola alzi la manina e dica “colpa nostra”.
ALEX: Confrontandomi con un’altra professoressa a proposito della figura del professore ideale, lei sosteneva che l’importante è che il professore sia competente, poco importa che sia anche appassionato e appassionante, che trovi il giusto equilibrio tra comprensività e severità…
ENRICO: Oggi da autodidatta servendosi di Internet si può imparare di tutto. Un tempo non era così, il professore dispensava conoscenza, altrimenti non avevi altro modo per imparare; oggi non c’è più bisogno di questa figura che ti porti il sapere, ma di quella figura che ti faccia capire che nel sapere c’è qualcosa di bello.
ALEX: Poi forse ciò dipende anche dal tipo di materia che si insegna…
ENRICO: No, io non credo. Credo che si possa far emozionare anche spiegando un’equazione, ovviamente devi essere te a emozionarti per primo.
EMME: Per esempio io girando su Internet ho trovato una cosa che non mi sarei mai aspettando di vedere: un professore di chimica, il professore Bressanini, che parlando di chimica nell’alimentazione è riuscito a raccogliere un seguito enorme. Poi un altro professore che seguo con interesse è il professor Barbero, insegnante di storia, che riesce a tenermi un’ora e mezza ad ascoltare il racconto di eventi che quando li ho studiati mi hanno annoiato da morire… eppure con il suo modo di spiegare riesce a renderli interessanti.
Poi questo vale anche per l’università: ci sono professori che riescono a fare due ore di lezione e sono fantastici da ascoltare; altri che entrano e iniziano a leggere le slides. Il problema è che questo capita anche alle medie, solo che alle medie non puoi uscire dall’aula e così i social possono diventare un rimedio.
Altra divagazione XD
ALEX: Tre libri da consigliare ai ragazzi delle scuole superiori?
ENRICO: Thriller: La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi, costruito veramente benissimo, tant’è vero che mi domando come mai non sia così conosciuto in Italia.
Young adult: Mio fratello rincorre i dinosauri di Giacomo Mazzariol, un libro per cui, dopo molto tempo, ho pianto alla fine: è una storia autobiografica di un ragazzo che parla di suo fratello nato con la Sindrome di Down.
Saggistica: Il miglior discorso della tua vita di Chris Anderson, la Bibbia per chi deve fare discorsi, presentazioni.
ALEX: Per adulti?
ENRICO: Per adulti La vita fino a te di Matteo Bussola, che tra l’altro è mio amico.
Giallo/poliziesco… Fa troppo freddo per morire di Christian Frascella, che ha creato un detective privato che fa molto ridere… è un po’ un Bukowski che fa il detective privato.
Per completezza vi lascio anche l’intero audio dell’intervista QUI: si sente sorprendentemente bene… solo che, essendo stato registrato in un bar, c’è qualche rumorino di sottofondo. Ci tengo a lasciarvi l’audio perché vorrei darvi la possibilità di assaporare al cento per cento le parole di Galiano, la sua disponibilità e la spontaneità della chiacchierata.
Io ho sempre una voce meh, ma lasciamo perdere. Prima o poi inizierò a parlare solo in francese, visto che sembrerebbe essere la lingua in cui la mia voce e la mia erre moscia producono effetti migliori (o così almeno mi dicono).
Che ne pensate? Conoscete l’autore? Avete letto i suoi romanzi?